Tu mi piaci, ma le tue insicurezze…

Gli uomini vengono educati ancora oggi come all’età della pietra.

Il maschio Alpha non deve piangere, non deve ballare, non deve dimostrare sentimenti; quelle sono cose “da femminucce”.

Fred Astaire

Ora, a fronte di questa educazione siberiana, negli ultimi anni, ci sono delle forze opposte e contrarie che propongono un maschio depilato, vestito con pantaloni che sembrano gonne e acconciato in maniera improponibile, insomma, un ibrido androgino che non si discosta molto dall’immagine di Anna Oxa negli anni ’90.

Esempio lampante della confusione generata da queste sollecitazioni contrastanti, sono gli uomini con barbe che neanche a Kabul nei tempi d’oro, glabri come il pelato di Brazzer-come direbbero gli Elio “come le balle di un attore porno”-.

Ora, di questi uomini, sebbene molti virino poi all’omosessualità, parecchi vivono e lottano ancora fra noi.

Il problema è che essere educati a un machismo anacronistico ed essere poi sottoposti a stimoli estremamente femminei crea delle insicurezze, da far sembrare Freud e il suo complesso di Edipo roba da educande.

Nella mia piccola realtà- e in quella delle mie più care amiche-, ho rintracciato alcuni archetipi di insicurezza ricorrenti.

– Il maschio “come sono io?”

Ovviamente, la risposta deve essere “bello” o cose simili, altrimenti si deprime.

La domanda viene posta sempre in momenti assolutamente sbagliati per deprimersi. Momenti in cui un bel silenzio sarebbe sempre consigliabile, e, invece, no.

Lui ti bersaglia di domande sulla sua forma fisica. A un certo punto, ti chiedi se tu sia la sua ragazza, il suo personal trainer o la sua cheerleader, escludendo l’ultima figura perché hai le ginocchia storte e le vertigini. 

Ad un certo punto, estenuata, pensi:”Ti registro un audio con le risposte, tu prendi uno specchio e fai solo”.

-Il maschio enumeratore.

Lui ha bisogno di conferme.

Ha bisogno che tu gli faccia capire quanto tieni a lui.

E, per farlo, usa il metodo più classico del mondo: cerca di ingelosirti.

Ora, a parte che, se ti piace una persona, non dovresti puntare a crearle delle insicurezze e, se sei tu insicuro, potresti semplicemente chiedere conferme, anzichè ingaggiare battaglie psicologiche di controllo Jedi della mente, il problema si pone  quando, dall’altra parte, questo atteggiamento non sortisce alcun effetto.

O, ipotesi peggiore, si ritorce contro lo stesso enumeratore.

In quest’ultimo caso, alla ricerca di conferme, si apre un baratro di incertezze.

Se tu, “maschio E” dici che sei uscito con Tizia, Caia e Sempronia, io, che volevo mantenere per me la mia vita privata, sono spronata a condividerla e, quando meno te lo aspetti, mentre stai vedendo il tuo film preferito e bevendo vino, con una faccia d’angelo, snocciolo un elenco delle ultime due settimane da far sembrare Cicciolina un’aspirante monaca di clausura.

Chi di gelosia ferisce…

– Il Controllore.

Il controllore ha una certa dimestichezza con la tecnologia.

In lui rivedi i tuoi genitori quando, per non comprarti il motorino, dicevano:”Ma io di te mi fido, ma degli altri alla guida…”

Ovviamente, il controllore sai che è così perché sei sua amica, perché, se fossi la sua fidanzata, non lo sapresti mai e, se lo scoprissi, lo lasceresti.

La fidanzata non lo sa, ma lui controlla tutti i suoi social in maniera costante e remota.

Inquietante.

– Il quarantenne in crisi.

Il requisito minimo è avere 40 anni.

La crisi può coinvolgere vari campi.

C’è chi cambia lavoro, chi città, chi situazione sentimentale, chi tutte e tre le cose. 

Il tratto distintivo è la tendenza alla fuga- e alla figa, possibilmente più giovane, per garantirsi una sorta di immortalità-.

Hugh Hefner

-Lo “stupefatto”.

Per uscire, deve almeno bere.

Seguono poi i corollari.

Ti chiedi se sia tu il problema.

Poi ti accorgi che deve stordirsi anche per fare la spesa.

Allora, “Scusami se ti chiamo Sert”.

Se, uomo della mia Vita, rientri in una di queste categorie sociologiche è bene che tu sappia subito che, per quanto possa piacermi, le tue insicurezze minano alla creazione di un rapporto anche in versione beta.

Tradotto: gli psicofarmaci esistono, piateveli!

Dal Web

 

La pipì delle donne.

Da qualche mese a questa parte, se doveste incontrarmi in un locale, probabilmente mi vedreste uscire dal bagno degli uomini. Non mi sono sottoposta a un’operazione di riassegnazione del sesso, semplicemente sto ingaggiando una piccola rivoluzione personale nei confronti di chi mette i servizi igienici per i disabili nei bagni delle donne.

Ho cercato riferimenti legislativi, ma niente. Sembra non sia scritto da nessuna parte che il bagno dei disabili debba corrispondere a quello delle donne.

Mi spiego. Avete presente come facciamo la pipì noi donne?

Ve lo dico io. No, non la facciamo in piedi come gli uomini. E no, superati i cinque anni, non ci mettiamo in piedi sulla tavoletta, salvo alcuni casi patologici che non riescono a superare la fase orale, come direbbe Freud. E ancora no, non ricopriamo praticamente mai, salvo coliche devastanti, il gabinetto di carta igienica, come fosse un emulo di Tutankhamon.
Semplicemente, ci mettiamo in posizione squat e, cercando di non toccare nulla, neanche le pertinenze della tazza, espletiamo le nostre funzioni biologiche versione beta, la versione 2.0 proviamo sempre a conservarla per le mura domestiche- mura domestiche in senso metaforico: mica cantiamo ne Il Volo-

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Questo è il coefficiente più basso di difficoltà, a cui si possono associare delle variabili.

I collant sono la prima. Non parliamo delle autoreggenti, che coinvolgono la parte inferiore della coscia, ma del collant che parte da sopra l’ombelico- sembra che, per statuto, le aziende che producano calze siano tenute a crearle con un pantaloncino lungo almeno due volte in più rispetto alla gamba, tanto che spesso ci ritroviamo a tirar su le calze dall’alto, come se ci stessimo infilando in una tuta da neve stretta-. La vita del collant è sempre almeno 10 denari più tenace rispetto alla gamba, quindi, per tenerla lontana dalla tazza è necessario applicare una forza doppia e contraria.

Un altro ostacolo sono i tacchi. Dai, signori uomini, provate a fare uno squat con i tacchi e poi mi dite. All’inizio ti sembra di essere più comoda: sei in alto, prospettiva aerea della tazza, bersaglio perfettamente visibile. Poi, mentre sei lì ad attendere la pipì- non importa che prima di entrare in bagno te la stessi facendo sotto, rischiando la cistite, appena ti metti “in posizione di lancio”, praticamente la memoria della tua vescica viene colpita da una botta di Alzheimer, si annulla e non ti scappa più-improvvisamente il quadricipite femorale inizia a tremolare. Seguono i polpacci. Finisci di fare la pipì, pregando di non finire nel cesso, sentendoti come Bambi appena nato.

A queste varianti, si aggiungono il ciclo, che non è che smetta mentre vi state spogliando e che vi costringe a repentini piegamenti, per evitare di tracciare uno scenario degno di C.S.I.- eh lo so, signori uomini… state vomitando. Pazienza-; i vestitini o le gonne, che praticamente vanno tenuti su con una mano, effetto fiore appassito, di cui la vostra testa è il pistillo, mentre con l’altra si regge la biancheria intima; il movimento, se siete su mezzi di trasporto; gli spazi angusti.
Se quella è la versione beta della minzione, questa è la versione 7 edge, con l’unico vantaggio che ti fanno salire in aereo pure se hai la vescica piena.

In questa condizione, noi dobbiamo anche centrare il buco e, magicamente, ci riusciamo.

La proporzione di schizzi fra uomini e donne è del 50% superiore in favore dei primi, praticamente noi possiamo partecipare alle Olimpiadi di Tuffi. Le scuse, generalmente, vanno dal “mi sono dimenticato di alzare la tavoletta”, “non è facile mirare” al “il buco non è nel verso giusto”- il buco è l’orifizio uretrale N.d.R.-

E noi, che con tutti gli sforzi che dobbiamo fare anche solo per prepararci, saremmo capaci di riprodurre gli affreschi della Cappella Sistina, se avessimo un pene, saremmo contente di vedervi alle prese con una vagina per un giorno.  Fuori tema, ma avete mai sentito un uomo dire “se fossi donna, farei la pipì?  La frase standard è “se fossi donna, mi toccherei le tette tutto il giorno e la darei a tutti”. L’equivalente femminile è “spegnerei il telefono e farei la pipì in piedi -nelle versioni più hard “l’elicottero con l’uccello”-“.

Alla luce di queste premesse, quando entriamo in un gabinetto e troviamo uno di quei cessi per diversamente abili- che sicuramente sono più abili di noi nell’usarli- alto un metro e mezzo, a noi donne viene da piangere. Ci sentiamo Brunetta nell’imitazione di Crozza.

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Maurizio Crozza imita Brunetta

Il rischio di non riuscire a centrare il bersaglio o di toccare la tavoletta con un indumento o con la coscia- a cui poi dover dar fuoco per sterilizzarla- diventa dell’80% e aumenta di un 5% in caso di consumo di alcool.

Ora, in alcuni locali di recente costruzione, sembra stiano iniziando a capire che noi, salvo eccezioni, non siamo i Watussi, che una donna italiana, in media, arrivi a 170 cm, in media, e che non si deve sedere sulla tazza, ma deve solo chinarsi, e stanno adattando i gabinetti, anche per disabili, a queste misure. Nel mentre, la mia silenziosa rivoluzione continua.

“Ci scusiamo per l’inconveniente, ma questa è una rivoluzione” – Subcomandante Marcos

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Dal Web

 

 

 

Tutto quello che non volevate sapere ( e invece vi dirò) sull’influenza intestinale

Sono tornata di nuovo, ovviamente sto male, anzi, ora sto mooolto meglio: negli ultimi 4 giorni, scrivere o leggere su di un monitor mi avrebbe provocato lo stesso disagio della Meloni al Gay Pride. ( Si vede che l’argomento che tratterò è di infima lega, se iniziamo con una metafora ispirata alla Meloni, ma c’è stato il Ridiculy Day questo fine settimana).

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dal Web

Quando ho aperto questo blog, stavo passando da un posto di lavoro a un altro e avevo tempo per seguirlo, mi ero anche data delle scadenze per pubblicare, soprattutto non lavoravo 15 ore su 24; negli ultimi due anni, invece, scrivere è diventata una parentesi rosa fra le parole “certificato medico”. Questa volta, però, l’influenza non sarà solo l’occasione, ma anche la protagonista, un po’ per sfatare il mito della perfezione intestinale della donna, in cui peraltro credo al 99%, un po’ perché “ho visto cose che voi esseri umani”…

Tutto è iniziato mercoledì notte, alla fine del mio turno, mentre parlavo “amabilmente”di lavoro via Whatsapp con il mio capo, nonché caro amico. Nel bel mezzo della conversazione, ho esordito con un:”devo vomitare, ti rispondo fra un po’”.

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Banksy

 

Da quel momento, “nulla è stato più come prima”.

Intanto,  chi crede che le donne non vadano in bagno, ma producano solo palline di pelo rosa profumate, è il caso che scenda da questo autobus, ma potrà comunque rileggersi tutti i miei post precedenti, in cui questa tesi viene propugnata.

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Dal Web

Tornando a me, sono soggetta sin da bambina a influenze intestinali violentissime: gli altri danno di stomaco una volta, io minimo tre. E, negli ultimi 10 anni, ho acquisito anche il “potere dei vasi comunicanti”, altro che il potere dello scettro di Luna, in pieno stile colera. Quindi, il mio intestino, per non essere secondo allo stomaco, si produce contemporaneamente in coliche dolorosissime.

Dopo 4 ore di questa fantastica routine, dopo aver tirato fuori anche il pranzo della prima Comunione, considerando che non potevo continuare a emettere conati rumorosissimi in attesa che i vicini mi sentissero e chiamassero la polizia, ho preso il coraggio a due mani e ho chiamato la guardia medica.

E qui si è aperto un mondo: a Roma, se chiami l’ambulanza, ci mette minimo 20 minuti, a meno che tu non viva di fianco a un Pronto Soccorso, ma comunque potrebbero aver cambiato i sensi unici; se chiami la guardia medica, ci puoi morire nell’attesa; a Milano, dopo un quarto d’ora di segreteria telefonica e 10 minuti di interrogatorio alla Perry Mason da parte del centralinista, volto soprattutto a indagare le ragioni per cui non riuscissi ad andare io in ambulatorio- sai, sono diventata un animale mitologico, metà donna, metà tazza del cesso-, accertato mediante tre gradi di giudizio che avessi un effettivo bisogno, ho ottenuto una visita del medico “il prima possibile”, espressione che mi ha ributtato nel panico, per poi scoprire che corrispondeva a mezz’ora.

Ovviamente il dottore è arrivato mentre vomitavo, per la milionesima volta. Al citofono ho gridato:”terzo piano, scusi, sto vomitando”.

Quando è entrato, mi ha trovato seduta al tavolo davanti alla porta- abito in un monolocale in cui è grande solo il box doccia, che affitto per girare dei porno, per chi fosse interessato- madida di sudore, con una bacinella fucsia, le lacrime, che imploravo un’iniezione di Plasil.

Da qui in poi, sembra il canovaccio per un film di Tarantino, solo che il dottore non si chiama Wolf e non risolve problemi, almeno non al primo colpo.

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Mister Wolf, Pulp Fiction, 1994

Il dottore, probabilmente ultracentenario, accompagnato da un paramedico forse adolescente che dormiva in piedi, ha registrato velocemente i dati anagrafici delle mie stanche membra che, nel frattempo, si erano ributtate sul letto, per non buttarsi sul pavimento.

A seguire, mi ha chiesto se avessi del disinfettante e del cotone… io? Ovviamente non avevo del disinfettante e patteggiamo per dello struccante e per un dischetto. Per la prima volta nella mia vita, mi hanno fatto una puntura disinfettandomi con l’acqua miscellare. La mia amica Emme ancora ride e mi pubblica foto di struccanti su Facebook.

Il tutto preceduto da un fantozziano:”Che dice vado?” L’unico momento di lucidità, da parte mia, è stato chiedere:”ma non li vuole dei guanti?” ( i guanti di lattice li ho per la maschera al carbone vegetale: è peggio del cemento! ). Non li ha voluti: probabilmente non ho più l’influenza intestinale, ma l’ebola sì.

Con una cortesia di altri tempi, neanche mi ha fatto pagare la visita- appunto per tutti: le carte di credito sono bellissime, ma tenete sempre 50 euro in casa, perchè la visita domiciliare della guardia medica ne costa 25.-

Il tempo che vada via e ho ripreso a vomitare, solo con meno intensità.

Grazie al cielo, il dottor Wolf si è dimenticato il timbro da me e, a fine turno, quindi alle 8,30, dopo 7 ore di colera, è venuto a riprenderlo. Ho aperto la porta e ho detto, senza alcuna educazione e con la dignità di un eroinomane fuori da un Sert:”Dottore, il timbro è qui, ma io ancora vomito”. Avrei corredato tutto con una foto del timbro legato e imbavagliato davanti a una pagina di Repubblica, ma non ero nelle condizioni per fare umorismo. Il misericordioso mi ha fatto un’altra puntura: mi  sono buttata sul letto senza neanche chiudere la porta. Ho la vaga impressione, da ciò che mi ha detto la vicina, incontrandomi ieri sul pianerottolo mentre ritiravo la spesa a domicilio, che uno dei suoi figli sia stato testimone di questa mia totale perdita di dignità.

Alle 9,30, infine, sono arrivati i rinforzi, impersonati dal mio amico/capo che ha preso le prescrizioni e la lista dei generi di prima necessità (coca cola e limoni) per tornare alle 10,30 con tutto il necessario.

La mia partecipazione a quest’ultima operazione è stata aprire la porta, ributtarmi sul letto e lasciare la porta aperta.

Dopo questa esperienza ho deciso di eleggere il domicilio sanitario qui e di sposarmi, perché il vero Amore non è chi ti scalda il cuore ( e i piedi), ma chi ti regge la fronte mentre vomiti!

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Dal Web

 

 

 

 

Cosa ci piace di Rocco…

Sono di nuovo a casa contro la mia volontà.

Questa volta in infortunio. La culla del Rinascimento, per me, è la culla della sfiga.

Su circa un anno di contratto, ho fatto 15 giorni di ferie, 20 di malattia- la polmonite, mai avuta in vita mia- e 5 di infortunio.

Il medico che ha stilato il referto, poteva tranquillamente scrivere “Credevo di volare e non volo”.

referto1                                                 Le mie peripezie

Fortunatamente, i miei esperimenti di gravitazione, miseramente abortiti, non hanno lasciato gravi danni, se non contusioni varie e lividi- altro che “50 sfumature di rosso”-.

Quindi, in teoria sarei libera di girare per il mondo, visto che non ho l’obbligo di reperibilità, nella pratica, ho gli stessi dolori di una scampata ad una rissa, quindi esco poco e mi piego ancora meno.

La cattività fiorentina mi sta regalando, anche questa volta, grandi momenti di televisione.

Fra l’acquisto di un abito da sposa e l’altro, sono finita sull’Isola. No, non quella di Lost, ma quella dei Famosi, che, per lo più, hanno la mia stessa notorietà, quindi sono degli sconosciuti.  O meglio, lo sono quasi tutti, a parte due o tre, ma, soprattutto, a parte uno: Rocco. Non credo sia necessario citare il cognome.

ci-pensa-rocco-banner                                          Banner del programma dello scorso anno “Ci pensa Rocco”

E, dopo circa 4 strisce quotidiane, credo di aver capito cosa ci troviamo noi donne nell’uomo delle patatine.

Scommetto che ci sono persone, soprattutto uomini, che, sin dal titolo, hanno pensato che la risposta fosse in 30 cm… e invece no.

La media delle donne di 30 cm non sa cosa farsene, a meno che non si parli di fili di perle o di collane di brillanti.

Il mio amico Esse suole dire:”Mai sopra i 26″- e non si riferisce solo all’età-.
Inserire un cilindro di 30 cm in un canale di molto più stretto e più corto non è divertente come potrebbe sembrare in un film porno. Può piacere, ma non è un articolo per tutte, un po’ come i leggins color carne.

E non siamo tutte dedite al sadomaso. Senz’altro nessuna- o quasi…sicuramente esistono delle estimatrici del genere: il mondo è bello perché è insensato- spera di trovare un uomo con un micropene, ma il buon ” in medio stat virtus” vale anche in questo settore.

Non è neanche la bellezza ad attrarci, insomma, Rocco poteva essere un gran figo 20 anni fa, ora è un bell’uomo, ma non uno per cui ci si strapperebbero le mutande.

E allora cosa?!?

Di Rocco ci piace l’idea che da, di uno che ti prende e sa cosa fare, a cui non devi stare a spiegare nulla, che trova la bellezza in ogni donna, sicuro, ironico. Ieri l’ho visto consolare Rachida, la donna salice piangente, ex concorrente di Masterchef, che è una tale rompicazzo- permettetemi il francesismo- da sembrare bipolare e in sindrome premestruale 30 giorni su 30… e il Nostro, lì, tutto tranquillo a dirle come valorizzarsi, a commuoversi pensando ai figli.

Rocco. Siffredi. Vestito.

Dispensava consigli alla Enzo Miccio, ma sprizzava virilità da ogni poro. Ad un certo punto, sprizzava virilità pure Rachida, per osmosi.

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Enzo Miccio su Realtime

Quindi, cari Gentleman, forse non c’è bisogno di avere un manganello telescopico fra le gambe per far felici noi donne, né di fare la spola fra estetista e palestra, né di specchiarvi in ogni superficie riflettente o vestirvi come se aveste l’acqua in casa, i Turchi alla porta e solo gli abiti di vostra madre a portata di mano.

camicia-di-jeans-e-maxi-stola-di-scervino                                                      Un modello della nuova collezione di Scervino

C’è solo bisogno che ci facciate capire che sapete cosa state facendo, che possiamo fidarci, che siamo belle- anche quando sembriamo uscite da “L’esorcista”.

Siate sicuri, siate dolci.

p.s. Circa un anno fa, ho sognato Rocco. Ero molto esalata: finalmente avrei imparato qualcosa!
Mi ha regalato una cyclette. Una bici con i pedali a forma di cuore. Forse avrei dovuto capire in che città sarei finita.
Solo io sogno Rocco vestito.

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Gadget per la bici di Hamed Kohan “Spread Your Love”

La donna botonica

Qualche settimana fa, nel mio giorno libero, sono andata in un caffè molto carino con la mia amica C, presa da una voglia irrefrenabile di torta di mele.

Un caffè che vende anche pezzi vintage di arredamento, un po’ hipster,  dove si mangia roba bio, si bevono cocktail nei bicchieri della marmellata- ormai il nome Rocco è associato più volte ai barattoli Bormioli, che al mitico Siffredi… O tempora! O mores!- e ci si siede su sedioline da giardino in ferro battuto, tipo quelle che c’aveva nonna, il tutto  situato in una piazzetta che sembra un cortile.

5093_10210_11643                                                                           Il “Quattro Stagioni” di Bormioli

Insomma, un posto adorabile! Almeno fino alle 18,30.

Alle 18,30 si è riempito di un esemplare di donna moderna che, personalmente, aborro. La donna botonica.

Prima che mi diate della reazionaria- insulto” che peraltro funziona sul mio ego esattamente come un morbido tocco di crema idratante-, voglio dire che non ripudio assolutamente la chirurgia plastica, ma quando è necessaria, anzi, in alcuni casi sono un’estremista della mutua… Ossia, non ti crescono le tette e hai solo due capezzoli? Te lo paga la mutua. Hai un naso talmente brutto che può crearti un danno psicologico? Idem. A casa tua non hanno installato la parabola, perché già ci sono le tue orecchie? Propugno per l’operazione neonatale.

Per il resto, sono del partito Mentadent: ” Prevenire è meglio che curare” e mi riempio di creme da anni.

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La Donna Botonica, di solito, ha circa 40 anni, ma ne dimostra 60.

Prima della paresi di tutti i muscoli facciali e dell’iniezione di vari riempitivi, era pure una figa, almeno nella maggior parte dei casi, ma ha avuto paura. Paura di invecchiare male, quindi, senza aspettare che il tempo facesse il suo corso, magari con esiti meno disastrosi, ha pensato di fare da sola. Non proprio da sola, è andata dal chirurgo.

Tralasciando i discorsi sui principi etici che animano l’operato di molti chirurghi plastici, principi etici, ma anche estetici, di dignità dubbia, mi soffermerei sul risultato di questi interventi.

La maggior parte delle donne botoniche è passata per almeno quattro step del rifacimento: ha iniziato con il naso, quando ancora i nasi li prendeva a martellate Thor e le narici le mettevano all’altezza delle occhiaie; ha continuato con il seno, alterando totalmente il senso della proporzione del suo corpo; si è fillerizzata, nel migliore dei casi, le labbra e gli zigomi e, ora, per festeggiare l’ingresso negli anta, sta meditando sul ringiovanimento vaginale, ovviamente corredato da sbiancamento anale. Allo stato attuale, è un ibrido fra Baglioni, Cher ed Eva Grimaldi, spesso con le labbra della Morich.
Generalmente, risponde al detto:”dietro liceo, davanti museo”, visto che continua a vestirsi come sua figlia, solo rifornendosi da Chanel, anzichè da H&M.
Oltre a vestirsi come sua figlia, ha anche le sue stesse abitudini: quindi, anziché andare a casa a preparare la cena, come sarebbe auspicabile, all’ora di cena è ancora a sbronzarsi in un locale.
( Ho chiaramente detto alle amiche presenti che, se a 40 anni mi comporto così, possono uccidermi.)
La presenza di un canide della grandezza di un topo, possibilmente isterico, è un compendio necessario. La donna botonica c’ha er cane, come direbbero nella mia nobilissima lingua d’origine, perché lei è animalista, infatti ha la pelliccia, ma compra al cane il cibo bio e lo fa sedere a tavola con lei.

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Un’altra caratteristica è l’iperattività: all’insegna del “faccio cose, vedo gente”, la botonica non sta mai ferma. Entra ed esce dal locale almeno sei volte, sebbene esista il servizio al tavolo. Fa capire che lei è di casa, e, nel contempo, riesce a stressare tutti quelli che siedono nei tavoli vicini.
Insomma, voi siete lì a rilassarvi e questa fa avanti e dietro quindici volte, che neanche al casello il 15 d’agosto c’è tutto questo andirivieni. ( Numerologia inconsapevole.)
Poi la senti parlare, dei suoi uomini, della sua vita- lavoro, shopping, benessere- e un po’ rimpiangi di avere un udito così fino, quello che ti rinfacciava il tuo ex quando eravate a cena fuori e riuscivi a captare il battito d’ali della farfalla cinque tavoli dopo…

“Lasciami tutte le rughe. Non ne togliere nemmeno una. C’ho messo una vita a farmele venire”
Anna Magnani al suo truccatore
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The bride is back

Dopo circa due mesi e mezzo – a cui vanno sottratti 15 giorni di ferie in un’isola sperduta e solitaria, in cui pensavo di scrivere talmente tanto da far intimidire la Treccani e invece non ho scritto neanche una consonante, neanche come didascalia alle foto che pubblicavo sui “social”-, sono di nuovo qui.

Un po’ come Uma Thurman, ma decisamente meno alta, meno figa, meno bionda, ma anche meno vecchia, “la sposa è tornata e chiede vendetta”; ma potete anche scordarvi che indossi una tutina gialla- nel “meno figa” è implicito un “meno magra”… l’effetto limone è sconsigliato-.

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Uma Thurman in “Kill Bill”

Tornando a noi, non ho scritto, ma ho continuato, indefessa, ad osservare il mondo circostante ed ecco un breve resoconto delle mie osservazioni…

Sta spopolando una nuova moda per me incomprensibile. Le donne hanno smesso di depilarsi, hanno adottato “La Foresta” di Diana del Bufalo come inno di battaglia e pubblicano selfie di gambe pelose, inguini pelosi, ascelle pelose. Un mondo- orribile- di peluche. E non sono normalmente pelose, sono pelosissime. Sono l’anello di congiunzione fra Chewbecca e la Principessa Leila. Io non riuscirei ad averne così tanti, neanche se smettessi di depilarmi per sempre.
Parafrasando Masini:”perchè lo fate, disperate ragazze mie”?


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Alcuni degli attori di “Guerre Stellari”, Chewbecca in seconda fila, la Principessa Leila, in prima

Un altro fenomeno che ho osservato è che l’intelligenza è un vantaggio per gli uomini, uno svantaggio per le donne.

Gli uomini intelligenti, complessi, sono quasi sempre corteggiati da un nugolo di donne, molto spesso non proprio aspiranti al Nobel, ma scodinzolanti come dei Cuccioli Cerca Famiglia. Ovviamente, la donna intelligente non saprebbe cosa farne di uomini scodinzolanti, perché disprezza l’adorazione, visto che cerca altri tipi di confronto- e di conforto- e, spesso, ha già degli animali domestici a cui non deve stirare camicie, trovare calzini dispersi, organizzare la vita; d’altra parte, altrettanto spesso non stima l’uomo intelligente che si fa irretire dall’adorazione. Quindi, non solo non si trova con l’adorante, ma neanche con l’adorato.

Ma perché la donna intelligente non si piazza facilmente sul mercato?

Al Sud si dice, in maniera elegante, che la panza e la minchia non vogliono pensieri… ecco, una possibile spiegazione può essere questa. Un mio amico sintetizza con:” Sei talmente intelligente, che a volte rompi il cazzo”( Elle, il poeta incompreso…) In questa sede non si parla di me, felice di essere precaria nell’amore, come nel lavoro, salvo la settimana che anticipa l’arrivo del mio “palloncino tutto rosso”-la Lines e le metafore- e le serate d’ Inverno in cui fa veramente freddo…

(L’Amore, per me, ha sempre qualcosa a che fare con il calore: potrei innamorarmi tranquillamente di una borsa dell’acqua calda o di un termosifone o di un piumino danese.)

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Dal Web, Linus e la sua copertina

Oggetto di questa valutazione non sono stati dei cessi a mattoni, ma donne piacenti, partendo dall’assioma che, superati i 16 anni, non esistono donne belle au naturel, ossia struccate e appena sveglie.

Quindi, evidentemente, l’intelligenza ha un appeal direttamente o inversamente proporzionale a seconda che si possegga o meno un cromosoma y. Poi non vi lamentate se vi nascono i ragazzini cretini, che girano con le macchinette di carta e uccidono la famiglia per due spicci e, quando va male male, attaccano dei lucchetti a dei ponti…

Non volevate problemi? Eccoli… rateizzati, tipo l’Equitalia.

Senza esaurire in un colpo solo il bagaglio acquisito in vacanza, vi lascio con l’ultima osservazione.

Un numero incredibile di coppie va a cena fuori e non si parla. Gioca con il telefono. Uscite in due e tutti e due passate la serata con i vostri cellulari. Quindi uscite in quattro, ma due di voi sono cose inanimate. Mmmh, ma dividete anche il conto?

Anche qui, Equitalia non tarderà a presentare il suo conto.

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Dal Web

Sogno un mondo migliore, popolato da persone più intelligenti; sogno di possedere un carrarmato tutto mio, con cui schiaccio macchinine e il potere di decidere chi abbia la facoltà di procreare e chi no, nonchè la possibilità di progettare ristoranti in cui non ci sia nè campo nè wi-fi.

E pensare che le ferie mi hanno reso molto più tollerante.

“Strega. 1. Donna brutta e repellente in lega con il Diavolo a scopi malvagi.

2. Donna bella e attraente, che in malvagità distanzia il Diavolo di una buona lega.”

Ambrose Bierce, Dizionario del diavolo, 1911

Editoriali improbabili: le nuove tendenze in fatto di sesso.

Sono tornata a casa per un fine settimana. Ero lì in bagno tutta carina a fare la pipì- ovviamente, in quanto donna, la sala da bagno la uso solo per incipriarmi il naso e fare la pipì ( o almeno questa è la versione edulcorata per i signori uomini)- e vedo nel portariviste una copia di un giornale femminile che inizia con G. Non so per quale strana coincidenza astrale, ma alla suddetta rivista, la mia mamma si è anche abbonata.200220_1930663311423_3236012_n Me stessa qualche anno fa, piccola, ma intellettuale

Il magazine in questione, alla stregua dei giornali per soli uomini, che promettono addominali scolpiti in sei secondi ed erezioni a prova delle foto della propria nonna in costume, si possono leggere esclusivamente in bagno, a meno che non siate fashion blogger. Qualsiasi donna, nel pieno possesso delle sue capacità mentali, non potrebbe mai ammettere di leggere cose di questo tipo, articoli ai piedi dei quali giace inquietante l’intestazione “tempo previsto per la lettura”- cosa che mi fa arguire che ci siano delle persone pagate per leggere davanti ad un timer-. vecchietta Nonnina di “Madagascar”

Insomma, dopo aver dato una scorsa all’oroscopo- eh, sì… rassegnatevi: anche le più spregiudicate hanno un tallone d’Achille… il mio è il tallone di Brezsny, perciò leggo tutti gli oroscopi del mondo, compresi i biglietti nei biscotti della fortuna, quelli nei baci Perugina, e quant’altro possa darmi un’idea del perché sia scesa dal letto con il piede sbagliato o del perché le cose vadano particolarmente bene-, la posta della disperazione, le ultime tendenze in fatto di make up,  vestiti, scarpe, intimo, sono incappata in un articolo inquietante sulle mode sessuali del momento. Purtroppo, sono sempre più convinta che “le note siano sette” e che nella vita sia necessario imparare a gestire anche la noia, ma inizio seriamente a credere di essere in via di estinzione.

Nell’articolo si parlava di 5 donne diverse:

– la prima, una poliamorosa. Lei ed il suo uomo formano una coppia aperta, più aperta da parte di lui che di lei. Nella mia semplicità, ho etichettato la questione con un”tiene più corna lei che un cesto di lumache” ed è pure “cornuta e contenta”. Va bene, le corna sono come le scarpe, ne abbiamo tutti almeno un paio, ma insomma… l’ideale sarebbe non scoprirlo mai e andarne fiere solo se dopo ti danno 50,000 euro al mese come alla moglie di Pirlo.

-la seconda, un’ asex. I piacere della vita, per me, sono tre: scopare, mangiare, dormire. ( Scusate la rudezza, ma “fare l’amore” non rende bene.) Già faccio fatica a comprendere vegetariani, vegani, fruttariani, cazzariani, insomma, quelli che, pur stando bene,  vivono da malati, per morire sani.Penso tutto il male di chi, non soffrendo di insonnia, si accanisce nel dire” il mattino ha l’oro in bocca”: gli zingari hanno l’oro in bocca- e, negli ultimi anni, pure loro hanno rinunciato-. Ora, la nuova frontiera del masochismo è l’asessualità. Ossia, senza alcuna convinzione- sbagliata- di matrice religiosa, senza eventi traumatici, senza patologie apparenti, ‘sti qui smettono di fare sesso. Al massimo, petting, che poi, vorrei dire: o sei asessuale o non lo sei. Se fai petting, non lo sei… è come fare il vegetariano e mangiare pesce- ah, sì… questi già esitono: i pescetariani. Perché il pesce ha l’occhio da cretino, quindi possiamo mangiarlo-, allora, diciamo meglio, è come fare la doccia, ma senza bagnarsi.

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Dal web

– la terza,  una part time lover. A me pare una paracula, sic et simpliciter, ma ora vi illustro bene la questione. Questa tizia sta con un uomo, ma si vedono solo il fine settimana. E vivono in case separate. Ovviamente per scelta. Durante la settimana, ognuno segue i suoi interessi, nel week end, invece, insieme. 48 ore di fuoco. Poi, allo scadere della mezzanotte di domenica, lo risbatte fuori. Niente calzini sporchi, niente mutande in giro, niente canestri mancati sulla tavoletta, niente flatulenze sotto le coperte. Un uomo perfetto, per 48 ore. Se, per caso, durante la settimana, ha qualche desiderio: Skype. Ovviamente, la distanza insormontabile ” dagli Appennini alle Ande” che li separa è di una decina di km. Evidentemente, da percorrere in ginocchio sui ceci, se preferiscono vedersi su Skype.

-La quinta è un’amante briciola. In soldoni, lei ama con riserva. La ragazza è perspicace, ma non si applica. Preferisce avere la sua vita. Perchè, si sa, se inizi una relazione, improvvisamente ti licenzi, smetti di respirare, se non hai la tua dolce metà accanto, e lo segui ovunque, pure in bagno, no?

– La sesta è una net lover. Siccome è faticoso conoscere le persone, incontrarle, capire se piacciono o meno, per non parlare di tutta la fatica di costruire qualcosa, perché non fare delle simpatiche selezioni via internet? Ad esempio usando Facebook.
190225919-bfe60231-ead1-4882-8689-5f64da8087d2                                                                                    Dal web

Non so voi, ma, finito l’articolo, avevo deciso di disdire l’abbonamento, di dare fuoco alla sede del giornale e di disconoscere mia madre ( mi sono ravveduta, solo perché non sa come mai sia abbonata e, conoscendo mia madre, è possibile sia vero. Magari ha anche una casa vista Colosseo come Scajola, altro buon motivo per non disconoscerla).

Ora, comunque, sono abbastanza certa di una cosa: mi estinguerò, ma lo farò con orgoglio.

Un mondo in cui si ama  part time, sia a livello temporale che qualitativo; in cui si preferisce la mediazione di uno strumento, ad un abbraccio, ad un sospiro, ad un bacio; in cui l’amore di quantifica in”like” e il tempo da dedicarvi è solo parziale e dieci km sono una distanza insormontabile e non si prova neanche ad impegnarsi fino in fondo in un patto di intimità,  beh, magari lo lascio a voi.

Tempo stimato di lettura: il necessario.

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Dal video di “Valentine” di Kina Grannis

“I don’t want to judge

what’s in your heart

but if you’re not ready for love

how can you be ready for life?”  

Soko- “We might be dead by tomorrow”

Cinque+1 regole che una donna dovrebbe seguire al mare

Piove. Anzi, diluvia.

Sono uscita con “l’0mbrelluccio bucato” di De Gregori, sono tornata a casa con l’Arca di Noè. Ormai vivo inconsapevolmente in un paese dal clima semitropicale e le stagioni sono un apostrofo liquido fra le parole inquinamento e riscaldamento globale.

In questa ridente domenica di fine giugno, prima che cada la neve, ho deciso di stilare sei preziose regole per affrontare il mare.
Ok, sono poco credibile come simpaticafashionblogger, torniamo alla versione beta, la solita cinica.
Ah, sono sei perché è il doppio di tre, tre è numero perfetto, ma, soprattutto, arrivata a cinque, mi sono accorta che ne mancava una.

1- Niente tanga e topless al mare.
Il troppo stroppia, lo dice anche il proverbio.
Sì, agli uomini piace. A quali uomini?!? Chi volete rimorchiare, un utente premium di Youporn?!?
Può andare bene se siete in una spiaggia sperduta e state girando lo spot della Bilboa,  ma, ad Ostia, siete solo delle tamarre.

Primo corollario: prima di ostentare un perizoma O un topless, accertatevi di potervelo permettere, magari mediante l’uso di uno specchio, in casi estremi, ricorrendo ad una giuria popolare, composta dalle donne che vi sono più vicine.
Se il vostro b side è costellato di crateri come la Luna e sotto le vostre tette ci sta comoda una confezione di pastelli, anziché una matita, magari un bel costume può darvi una mano. E lo dice una che ci paga l’Imu sul fondoschiena…

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( Ah, così per dire… prendere il sole in topless non fa bene. Se non ci siete arrivate da sole a capirlo, cercherò di venire incontro alle vostre capacità mentali partendo dalla motivazione più frivola: fa venire le rughe e tramuta il vostro decollete nel Grand Canyon. Passiamo a quella seria: il sole non è un toccasana per zone così delicate.)

Secondo corollario: il costume non si infila nel sedere.
Se avete optato per qualcosa di sobrio, mantenetelo anche quando siete occupate in “operazione lucertola”, anche perché l’effetto tendina della doccia è agghiacciante. Possiamo solo sperare che arrivi Norman Bates ad accoltellarvi.

Anthony-Perkins-in-Psycho-005                                                          Anthony Perkins in “Psyco”, 1960

2- La depilazione non è un elemento accessorio.

Ho già parlato di quanto siano perniciosi i peli per una donna.
Sono la causa di milioni di casi di tradimento, peraltro giustificato.
Probabilmente, se il fatto venisse portato a conoscenza del giudice, in una causa di divorzio, vi darebbe anche l’addebito della separazione, quindi, depilatevi, depilatevi, depilatevi, soprattutto se andate al mare.
Solo una cosa è più agghiacciante di una donna con le culotte di pelo, una donna con le culotte di pelo e il costume trasparente.
Nessuno vi chiede operazioni estreme, semplicemente sarebbe bello non vedere cosa c’è sotto. Lasciamo una punta di mistero.

cuginoitt1                                                            Cugino Itt nel telefilm “La famiglia Addams”

3- La paranza non dovete cucinarvela addosso.

Prendere il sole senza protezione fa male. Il bergamotto, la Nivea- mani, confezione blu di alluminio… mie care tossiche del sole, vi conosco-, l’Olio Johnson potevano andare bene negli anni ’80, o forse nei ’60, quando il buco nell’ozono era piccino picciò e le quattro stagioni non erano solo un’opera di Vivaldi. Allo stato climatico attuale, sarebbe più sano smettere di cospargersi con latte di olio degne di una cucina industriale, è anche molto volgare.
Va bene, non vi piace la crema e non vi abbronzate, ma se siete talmente unte da dovervi sdraiare sulla carta paglia, anziché sull’asciugamano, qualche problema c’è.
124008798-28f8ba70-708c-40ac-b786-60d92d75ef0d                                                                             Nivea, reclame vintage

4-Le pose estreme per prendere il sole nuocciono gravemente alla salute di chi vi sta intorno.
Assumere posizioni ginecologiche per prendere il sole è una pratica tribale.
Chiudete quelle cazzo di gambe! Una donna non sta a gambe larghe ( non dice neanche cazzo, ma questo è un appello disperato), se non in specifiche occasioni, che non comprendono la tintarella. Soprattutto, non le aprite mai se vi mancano i requisiti espressi al punto 2. Mai.

Corollario: diventare color mattone non è sexy. Fa solo pensare che siate parenti di Roberto Carlino.

images-1                                                                Da “Tutti Pazzi per Mary”, 1998

5- Orecchini, tacchi, trucco sono banditi dalla spiaggia.

Devo anche spiegare il perché o basta che dica semplicemente che esiste un dresscode anche per andare in spiaggia?

6-Se siete mamme, se siete fidanzate, se siete oche…

Se siete mamme, non ammorbate i frequentatori dell’intera spiaggia elogiando le prodezze di vostro figlio- consistenti, per lo più, nella creazione di castelli di sabbia, fatti di diarrea, nell’essersi nutrito e nell’aver defecato con regolarità-; non permettete ai piccoli meravigliosi frugoletti di correre indisturbati fra le file di gente sdraiata, alzando la stessa sabbia di un fuoristrada durante la Parigi Dakar, portateli a riva e, se non ne potete più di seguirli, sperate nell’arrivo di un’onda anomala. I figli sono piezz’ ‘e core, sì, ma il vostro, non quello di tutti gli avventori della spiaggia.
Se siete fidanzate, per favore, evitiamo le filippiche alla vostra malcapitata metà, ad uso e consumo dei vicini di ombrellone nel raggio di 300 metri. Sicuramente lui ha dimenticato la crema, le ciabatte ed il costume, ma non ha scordato i tappi con cui difendersi dal vostro attacco, mentre i poverini che vi sono intorno non hanno fatto nulla per meritare tutto ciò.
Se siete oche, va tutto bene- tanto non capireste-, ma cercate di schiamazzare silenziosamente.

Le vacanze sono un bene prezioso: difendiamole.
Quando ero piccola, si faceva un mese di ferie, ora, a malapena due settimane attaccate.
La gente va in vacanza per riposare, non per farsi rompere i coglioni.

– Sì, lo so, una signorina non dice “coglioni”, ma è più incisivo!-

Campagna promossa dall’ Associazione Misantropi Italiani

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Da http://www.sgrammaticati.it

L’uomo e la donna davanti allo specchio.

Secondo studi scientifici, l’unico mammifero perennemente complessato dal suo aspetto esteriore è l’essere umano di genere femminile.

Questo esordio che sembra l’incipit della pubblicità di un detergente intimo, in realtà, nasce da un’osservazione sociologica che conduco ormai da parecchi anni. Il fenomeno, peraltro, si esacerba in prossimità della stagione estiva, in cui la maggior parte di noi, ma soprattutto la maggior parte sotto i 50 kg, perché le morbide non credono ai miracoli, inizia a perdere la testa- e, alle volte, anche la dignità- per buttare giù qualche kg.

10178068_1479377392292020_3380562203754510758_nDonna in bagno, Botero, rivisto da “Se i quadri potessero parlare”

Tisane fangose, che non berrebbe neanche un ippopotamo; pasticche miracolose- e non parlo di ecstasy, almeno potrebbe essere divertente-; tutine che neanche gli astronauti… e tutto per perdere uno sporco mezzo kg.

Ma andiamo ad esplorare l’altro lato del letto. Cosa fanno i signori uomini nel mentre?

In barba a qualsiasi preoccupazione estetica, l’uomo- e non parlo dell’immagine diversamente etero che si sta diffondendo ora, fatta di sopracciglia ad ala di gabbiano, depilazione e leggins, ma proprio dell’omo omo- affronta qualsiasi stagione della vita, che sia estate o inverno, con una sicumera incredibile, nonché, spesso, immotivata.

Lì fuori, ci sono branchi di uomini marsupiati, col calzettone di spugna e la camicia a maniche corte da autista di pullman, che vivono una vita felice e spensierata, tronfi e convinti della propria bellezza.

download (1)                                                                        Dal web

Talmente convinti da avere magari una moglie, compagna o fidanzata e tradirla con un’altra donna.

Guardateli davanti allo specchio. Voi piene di creme, cremine, elisir miracolosi e loro che si sono a malapena lavati la faccia con l’acqua (piovana, non corrente).

Sempre in base a studi statistici, la prima sera che una donna passa con un uomo, non dorme.

download (2)Donna che dorme- Tamara De Lempicka

Sia mai che sommessamente, a causa di un inesplicabile raffreddore, inizi a russare! Sia mai che si intraveda un po’ di pancetta!

La donna, la prima notte, sta sveglia. Anzi, finge di dormire. Su otto ore, ne dorme sì e no tre.
E l’uomo? Il principe azzurro al suo fianco, nel mentre, russa, sgambetta e, alle volte, emette flatulenze. Con una nonchalance invidiabile.
La mattina dopo, la donna corre in bagno, si lava i denti, si ritrucca, esce che sembra versione ventenne della mamma del Mulino Bianco e torna a far finta di dormire, esattamente sei secondi prima che il suo lui si svegli… roba che neanche Bolt.

monica-vitti_290x435                                                                                   Monica Vitti

Finalmente si sveglia anche il bell’addormentato. Si alza a metà sul letto, sbadiglia, ti da un bacio con un alito verde, ma non verde dentifricio, verde Tevere, si alza, si gratta alternativamente genitali e culo, controlla che tutto sia a posto e va verso il bagno.

pasqualeCarlo Verdone, nei panni di Pasquale Ametrano in “Bianco, rosso e Verdone”, 1981

Ovviamente, non prima di aver bofonchiato:”Caffè?” E non è una domanda, è una richiesta.

A onor del vero, bisogna menzionare l’uomo perfetto, quello che porta la colazione a letto e ti coccola appena sveglio, ma qui stiamo parlando di statistiche e, nelle statistiche, il 3% è un dato trascurabile.
Ma facciamo un passo indietro, torniamo alla notte precedente.

Una donna, se ci tiene, non solo si tira come se fosse l’ultimo appuntamento della vita, ma poi è capace, nel bel mezzo di un momento animalesco, di correre in bagno a darsi una sistematina. La sistematina è assolutamente pleonastica: ci siamo già lavate, depilate, truccate, scorticate.
Un uomo è mai corso in bagno a darsi una sistematina???
( E, alle volte, ne avrebbe proprio bisogno).

Tralasciamo la fase del mambo orizzontale, sennò rischio di perdere molti amici e soffermiamoci sul dopo.
La donna è già in paranoia. Lui è un eiaculatore precoce, gli amici lo chiamano Flash Gordon, nel tempo in cui si è consumato il vostro rapporto, voi eravate ancora vestite, eppure è lì: orgoglioso. Voi avete già preso 3 compresse di Xanax, pensando, ripetutamente, a cosa possiate aver fatto di sbagliato.
Oppure ce l’ha piccolo, ma piccolo piccolo piccolo. E basta con la bugia che l’importante sia saperlo usare. Ditelo a Rocco Siffredi.
E il microdotato nota ogni vostra piccola imperfezione, persino il buchetto di cellulite che avete dalla nascita, segno che “la ritenzione idrica è per sempre”. Roba che sarebbe da girarsi e dirgli:” Perché hai un mignolo fra le gambe?”

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Dal Web

L’unica verità, in proposito, la disse il nonno di un mio amico ed è volgarissima, ma merita di essere citata, ovviamente negherò ripetutamente di avervela riproposta, ed è “finché ha la lingua ed un dito, l’uomo non è finito”.
Se le due cose si presentano in sincrono, eiaculazione precoce e micropene, anziché ingoiare Xanax, dovreste alzarvi e andarvene. Senza neanche fingere un mal di testa.
Ovviamente, solido nella sua perfezione, il giorno dopo, il lui di turno non manda fiori, nè telefona, ma, forse, dovreste farlo voi, magari allegando il bigliettino: ” Questi mettili sulla tomba del tuo piccolo amico”.

Ora, a fronte di tutto ciò, amiche, non sarebbe il caso di liberarci da qualche complesso, visto che, avremo pure incendiato i reggiseni- gesto, peraltro, che non ho mai compreso, visto che li renderei obbligatori, oltre a trovarli sensuali-, avremo pure conquistato il diritto di voto, ma rimaniamo ancestralmente legate a complessi anacronistici?
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La maledizione della ceretta

Premessa: non stiamo parlando di Amore.

Qui non si parla di rapporti di lunga percorrenza: matrimoni, convivenze, fidanzamenti ufficiali, situazioni nelle quali si è più propensi a chiudere un occhio- un occhio, non entrambi… ne riparleremo-; qui si parla di last minute, pit stop, mordi e fuggi occasionali.

La Maledizione della Ceretta, infatti, interviene esclusivamente in situazioni non consolidate, quelle in cui due esseri umani adulti decidono di dedicarsi al mambo orizzontale in maniera non continuativa, senza instaurare relazioni che implichino qualcosa in più di una telefonata il giorno successivo.

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Dirty Dancing, 1987

Partendo da questa necessaria premessa, passiamo ora ad enucleare il contenuto di siffatto problema che affligge il sesso femminile, analizzato in maniera scientifica dalla mia amica Emme.

Visto che avere un’emorragia mensile, partorire, ma ancor prima, se proprio volessimo andare a sindacare, essere nate dalla costola di un essere che possiede meno neuroni di noi e dallo sputo di una entità di dubbia esistenza, evidentemente, non bastava, la Natura matrigna, di leopardiana memoria, ci ha dotato di peli.

maxresdefault                                                   Gianluca Grignani, “L’aiuola”

E non solo nelle zone in cui un po’- e preciso un po’, care signore- di pelo può andar bene, ma, per le più sfortunate, ovunque.
In ogni caso, sia che voi rientriate nella fascia normopelo, sia che siate l’anello di congiunzione fra la scimmia e la donna, la Musa del Silk- épil, sappiate che, nella maggior parte dei casi, quando dovrete vedere il vostro occasionale amante, avrete una ceretta da fare.
Ve lo dice una che fa la ceretta ogni 20 giorni, che, per una implume, come me, significa che, come estetista, ho Grissom di CSI, per trovare cosa depilare.

csi-william-petersen                                                           Una scena di C.S.I.
Ovviamente, quando arriva una telefonata per un rendez vous, la seguente parte in automatico ed è indirizzata all’estetista, con una velocità che neanche in Africa le gazzelle.
A questo punto, succede una cosa inspiegabile: non importa che siate a Belluno a -20, circondate da donne che ammettono di depilarsi “solo in Estate, tanto in Inverno porto i pantaloni”, o in Sicilia, a +20, tutte le donne del circondario avranno deciso che è il giorno giusto per darci giù di disboscamento, come taglialegna canadesi, ergo: l’estetista non ha un buco di cinque minuti per arare i vostri orticelli.

Perfetto, parte la chiamata random a tutti i centri estetici nell’arco di 300 km- “al massimo”, pensate, “accumulo punti con Italo”.
Sì, donne, lo so anche io che esistono i rasoi, ma avete presente quando un uomo non si fa la barba, vi da un bacio e vi carteggia la guancia, che dopo non basta neanche la Pasta Fissan per risanare il danno epiteliale? Ecco, immaginate di riprodurre quell’effetto natural scrub sulle vostre gambe o, peggio ancora, sul vostro inguine: è orribile. Cosa sarà mai farsi strappare da una sadica un po’ di peli, quando riusciamo a far uscire una testa da  una porta usb?
Finalmente, dopo 7 ore di ricerche, vi richiama l’estetista e vi fa “una proposta che non potrete rifiutare”- peraltro riproduce benissimo anche la voce di Marlon Brando-: ha un “buco” ad un’ora improbabile e, se è plausibile, ovviamente, voi siete dall’altro capo dell’universo, anzi, state allunando.

Vi scapicollate e, comunque, arrivate al vostro appuntamento. Vi sottoponete a minimo mezz’ora di tortura, vi fate strappare anche peli che non avete, vi sgambate talmente tanto che, quando andate a pagare, nel conto compare la voce “ceretta e isterectomia”.E, appena uscite da lì, succede qualcosa per cui l’appuntamento salta.

Sapete che, se non vi foste depilate, tutto ciò non sarebbe successo?

Lo sapete… e, fra voi e voi, pensate:” ma gli anni ’70 erano poi così male?”
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Marina Lante della Rovere per IFAW, 1995

( Ah, un appunto per le maritate, conviventi, fidanzate: il non fare la ceretta costituisce una giusta causa di corna.
Unica attenuante accettata uniformemente dalla giurisprudenza: avete subito un parto eptagemellare. Sotto i 7 gemelli, cocche mie, non siete giustificate.)

(Secondo Ah! Una soluzione ci sarebbe: potreste chiamare voi, quando siete tricologicamente a posto, ma, innanzitutto, le donne non chiamano: si fanno chiamare; last but not least, la maledizione della ceretta funziona anche così: se chiamate voi, dopo aver denuclearizzato la zona, vedrete che il lui di turno sarà dall’altro capo dell’universo; starà salvando il pianeta dagli alieni; avrà messo su famiglia…)

Si vede che oggi ho fatto la ceretta?

“Dio, nella sua divina previdenza, non ha dato la barba alle donne perché esse non sarebbero state capaci di tacere mentre venivano rasate.”

                                                                                                                                       Alexandre Dumas